BREVE STORIA DELLA VITE E DEL VINO IN TOSCANA

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Dal periodo etrusco-romano, e successivamente nel rapporto stabilitosi fra campagna e città nel corso del Medioevo, la diffusione della vite ha profonde radici in Toscana. La cultura alimentare, la letteratura e le arti seguono le tracce della vite e del vino. Prima dell’arrivo dei Greci esistevano già le conoscenze basilari della vitivinicoltura nella nostra penisola; basterà citare gli Etruschi che introdussero le pratiche di potatura e di coltivazione della vite. A quel tempo il vino era considerato un prodotto esotico, molto costoso e raro. Tra il VII e il VI secolo a. C. il paesaggio agrario muta radicalmente sia per il popolamento delle campagne che dalla sovrapproduzione agricola. Con la conquista dell’Etruria meridionale, da parte dei Romani, si assiste ad un più massiccio popolamento delle campagne ed un accrescimento della popolazione rurale. Anche nel  Tardo Impero la Toscana figura come regione produttrice di vino anche se di qualità non elevata.

Nell’alto Medioevo le invasioni barbariche (con le distruzioni, l’abbandono dei terreni, il crescente impaludamento, la diminuzione della popolazione) portarono ad un cambiamento radicale nella vita agricola della Toscana. Ma dall’XI secolo, grazie all’importanza del vino nella liturgia cristiana, si nota il desiderio e la volontà di produrre vini di migliore qualità, e questo in primo luogo è sentito dai vescovi, abati, religiosi: ecco che i terreni intorno ai monasteri in tutta la regione vengono coltivati a vite. Dal XII secolo questo sviluppo si allarga grazie all’uso alimentare del vino nei fedeli. Si coltiva la vite sia in pianura che in collina ed il paesaggio toscano – con questi mutamenti – prende forme nuove. In questo contesto mutano le tecniche di coltura, la vendemmia, la vinificazione, la figura stessa del contadino, del vinattiere. Nella Toscana del Medioevo, i vini bianchi (ricavati dai trebbiano o dalla vernaccia) erano preferiti ai rossi; l’uva non era di grande qualità per cui si ricorreva alla pratica del “governo“, si aggiungeva cioè al mosto in ebollizione e poi al vino vergine la spremitura di una speciale: ‘raverusca’ o ‘lambrusca’ il cui succo donava colore al vino. Agli inizi del Cinquecento la coltivazione della vite la troviamo concentrata nelle zone collinari vicine alle città. Negli anni quaranta e cinquanta del Cinquecento, durante il principato di Cosimo I, vi fu una riorganizzazione amministrativa del ducato con produzioni normative e bandi relativi alla commercializzazione del vino.

Nel Seicento, la diminuzione dei prezzi del frumento coincise con un forte sviluppo della viticoltura sia in collina che in pianura. I grandi proprietari allargarono così gli appezzamenti dedicati alla produzione di vini di qualità.

Nei primi anni del  Settecento vi fu un riordino ed una revisione legislativa sul vino che non riguardava solo l’aspetto fiscale, la commercializzazione, il contenimento dei prezzi, ma anche il miglioramento qualitativo della produzione. Risulta certo che per tutta l’età medicea la produzione del vino di qualità in Toscana non risulta particolarmente elevata.

Nel Sette-Ottocento le città-stato della Toscana investono nelle campagne parte delle ricchezze provenienti dal commercio, dalla manifattura e dalla finanza. In questo periodo la coltura della vigna rimane un’eccezione in Toscana in quanto riservata a vini pregiati destinati alle tavole dei proprietari. Ancora nella metà dell’Ottocento risultava modesta la superficie interessata dalla produzione di vini di qualità; la causa – secondo gli esperti del tempo – era il processo di vinificazione che andava rivisto, inoltre furono individuate altre cause: la cattiva scelta dei vitigni, l’eccessivo numero delle varietà, l’infelice scelta dei luoghi. Si capì allora che la vitivinicoltura rappresentava un settore strategico per la modernizzazione dell’agricoltura: su questo punto occorreva lavorare. La Toscana si trovò quindi al centro di questa discussione per il ruolo politico e culturale che aveva nel periodo postunitario e perché ospitava l’accademia agraria fra le più prestigiose del mondo e che già nel  Settecento aveva individuato nel rinnovamento della vitivinicoltura toscana l’elemento chiave per affrontare le sfide dei mercati internazionali. E sarà proprio da questi pionieri della moderna vitivinicoltura toscani che prenderà le mosse quello che fu definito il Risorgimento del vino italiano.

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