Polibibite futuriste: la rivoluzione alcolica di inizio ‘900
Drink originali, provocatori, a volte decisamente imbevibili: il futurismo non cambiò solo l’arte ma anche il nostro modo di mangiare e, soprattutto, di bere. Una vera rivoluzione.
Di Alessandra Storti, http://www.nuovetendenze.net/
Nella miscelazione fu la volta delle polibibite (per carità non chiamateli cocktail, i loro ideatori si rivolterebbero nella tomba, polibibite è infatti la variante italiana della parola cocktail, adoperata dai futuristi in nome di un sentimento nazionalistico allora molto diffuso), miscele create per trasmettere a chi le beveva una molteplicità di sensazioni, simili, per certi versi, alle visioni simultanee che caratterizzavano i quadri di Boccioni.
Nacque così la Rosabianca, la prima delle polibibite che Fulvio ci prepara (a base di arancio, infusione di rose bianche, Campari e anice) creata da Giachino per l’inaugurazione del ristorante il Santopalato e che veniva servita accompagnata da spruzzi di profumo di rose direzionati sulla nuca dell’avventore.
L’uso del profumo è una delle novità dei drink futuristi e poteva essere, a seconda delle intenzioni, in armonia con il gusto e gli ingredienti adoperati (comprofumo) o in contrapposizione (disprofumo). Stesso discorso valeva per l’uso della luce. Ad essere prediletta era la luce verde, si riteneva infatti che avesse effetti rilassanti.
Allo stesso modo nacque la Giostra d’alcol, uno dei primi mangia e bevi della storia: cioccolato e formaggio che navigano immersi in una miscela di Barbera d’Ast, Campari e Cedrata (tra l’altro, i futuristi avevano già scoperto l’abbinamento tra il vino amaro e il cioccolato, oggi molto apprezzato).
Ma le polibibite futuriste furono innovative anche per molti altri aspetti.Molta importanza fu data all’aspetto estetico e scenografico e dunque all’uso delle decorazioni, composte da cibo (come nel caso della giostra d’alcol) o da erbe con funzione aromatizzante.
Altro aspetto inconsueto per l’epoca furono gli accostamenti di sapore che contraddicevano il gusto dolce-amaro dominante per prediligere l’abbinamento dolce-salato oppure dolce-piccante. Pensate un po’, ad esempio, all’esplosione di sapori contrastanti che caratterizza l’Avanvera, composto da Strega, Vermouth Rosso e Brandy, con fette di banana al suo interno e con una decorazione, è proprio il caso di dirlo, volutamente “a vanvera” con pomodori, acciughe, formaggio, mandorle, banane e caffè.
Interessante fu poi l’uso delle infusioni alcoliche a base di fiori e frutta esotica autoprodotte, come la rosa damascena e l’ananas, l’impiego dei succhi congelati per creare bibite dagli effetti cangianti, l’uso del vino considerato una bibita da mensa come base per i cocktail.
I drink futuristi furono anche il primo esempio di esaltazione del Made in Italy. Complice, va detto, furono anche il sentimento nazionalistico allora ampiamente diffuso in Europa e l’embargo a cui fu sottoposta l’Italia in seguito all’aggressione coloniale dell’Etiopia.
Nacquero così anche le prime bibite autarchiche che utilizzavano come basi alcoliche grappa ed arzente e come aromatizzanti rabarbaro, genziane, assenzi, rosoli, ma soprattutto vini e vermuoth della tradizione italiana.
Come tacere poi delle nuove categorie di miscele: “permangiare” (antipasti ed aperitivo), “perlazarsi” (dessert e dopo cena), “Guerrainletto” dal forte apporto energetico, allo scopo, come sottolinea Marinetti, di fecondare e creare la nuova razza italiana. Suo contrapposto le polibibite “Paceinletto” vere bombe alcoliche con infusioni d’erbe, in grado di stimolare il sonno ristoratore e i “Prestoinletto“, adatti alle fredde notti invernali. Infine gli “Snebbianti“, un po’ gli antesignani del nostro chupito, forti corroboranti in grado di far prendere decisioni strategiche e fondamentali, liberando il campo, grazie alla dotazione alcolica, da morali, dubbi e tentennamenti e le “Inventine“, polibibite fresche, inebrianti in grado di stuzzicare la mente, per avere idee fulminanti.
Il sentimento nazionalistico emerse anche nella rivoluzione del linguaggio, che cambiò i nomi degli strumenti e dei protagonisti della miscelazione.
Lo shaker divenne “l’Agitatore”, il barman “il Miscelatore”, il cocktail “La Polibibita”, il bar “il Quisibeve”, il menù “il catalogo o lista vivande”, il maitre “Il Guidapalato”, il brandy “Arzente” e il whisky, “Spirito d’avena”.
Ma forse più di tutte rivoluzionaria fu l’idea di trasformare la necessità per l’uomo di alimentarsi in un piacere a tutto tondo, una vera e propria arte in cui aveva un ruolo fondamentale l’originalità creativa dello chef e del barman.
Ed è per questo che per le bibite futuriste non esistono delle ricette codificate con una dosatura precisa: l’idea era infatti che bisognasse dimenticarsi delle dosi e degli schemi prestabiliti per dare spazio alla propria creatività giocando con l’equilibrio dei sapori. Sia per il barman che per i clienti, divertirsi e socializzare doveva essere l’unica parola d’ordine, una lezione anche questa molto moderna.
http://honestcooking.it/polibibite-futuriste-la-rivoluzione-alcolica-di-inizio-900/
Sergio
Docente Corsi Barista, Barman, Caffetteria, Fruit Carving, Sorsi di Frutta, Cocktail New Age. Scrittore libri. Viaggi e Cammini.

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